Onorevoli Colleghi! - L'emergenza immigrazione è tornata prepotentemente di attualità anche a seguito dell'emersione di gravissimi casi di sfruttamento della mano d'opera straniera.
      Come, purtroppo, molti di noi sapevano anche prima delle recenti inchieste giornalistiche, e delle conseguenti attività di controllo del territorio e di repressione del fenomeno, ci sono vaste aree del sud Italia in cui ancora si pratica il caporalato e la «tratta delle braccia»; dove immigrati clandestini in cerca di un lavoro che possa sfamare loro stessi e le famiglie lasciate in patria vengono sfruttati fino al limite dello schiavismo da delinquenti che non possono definirsi imprenditori e che, in taluni casi, sono parte integrante di un sistema economico paramafioso o paracamorristico.
      Migliaia di donne e di uomini costretti a vivere ai margini della società italiana in condizioni igienico-sanitarie ritenute, dall'organizzazione non governativa «Medici senza frontiere», di livello inferiore rispetto agli standard minimi richiesti dall'ONU per i campi profughi in zone di guerra. Migliaia di lavoratori che la clandestinità condanna a vivere e a lavorare senza apparire, pena l'espulsione dal nostro Paese.
      E quando lo sfruttamento emerge alla luce del sole, grazie all'impegno delle Forze dell'ordine o degli organi ispettivi, gli immigrati clandestini sono i soli a non poter beneficiare del sistema di protezione sociale di cui godono gli operai agricoli e, più in generale, i lavoratori italiani. Lo status di clandestino impedisce

 

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di intentare azioni risarcitorie nei confronti di chi ha calpestato la loro dignità di esseri umani; così come non consente l'attivazione delle procedure previste dal nostro diritto del lavoro per ottenere, anche forzosamente, il giusto corrispettivo per la prestazione effettuata.
      La clandestinità, a cui sono costretti anche a causa delle misure oltremodo restrittive introdotte dalla legge Bossi-Fini, cancella ogni diritto connesso allo status di lavoratore e ciò è inaccettabile in una «Repubblica fondata sul lavoro» (articolo 1 della Costituzione), nel cui territorio si «tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni» (articolo 35 della Costituzione).
      Nasce da queste considerazioni la presente proposta di legge che vuole modificare l'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, al fine di consentire il rilascio del permesso di soggiorno ai lavoratori stranieri per motivi di protezione sociale, che sottopongo alla vostra attenzione.
 

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